Il territorio

Analisi geologica del territorio

Il territorio: caratteristiche geologiche



Le formazioni detritiche della fascia pedemontana sono rappresentate in grigio scuro, i terreni quaternari recenti in grigio chiaro, e in bruno scuro le vulcaniti riolitiche in colate. In fuxia sono riportate le marne e le arenarie sono in verde chiaro, mentre in arancio chiaro sono le effusioni basaltiche

La sequenza stratigrafica complessiva dell’area nella quale si inserisce il settore è rappresentata dal basso in alto da:

  • Metamorfiti paleozoiche
  • Sedimenti marini eocenici
  • Sedimenti continentali pliocenci
  • Vulcaniti basaltiche plio-quaternarie
  • Depositi alluvionali quaternari
  • Limi palustri
  • Depositi eluvio-colluviali olocenici-attuali
  • Detriti di falda

Le metamorfiti paleozoiche costituiscono il termine più antico che affiora nell’area. Esse costituiscono il margine della gran parte del limite occidentale della fossa. Le rocce paleozoiche sono rappresentate da un complesso metamorfico, costituito da filladi e filladi carboniose del Silurico, da metavulcaniti da intermedie ad acide dell’Ordoviciano (?) e presumibilmente metarenarie e filladi del Cambro-Ordoviciano (?). Sono inoltre presenti (p.e. area di Perda ‘e Pibera) marmi del Siluriano, sovente metasomatizzati nell’Ercinico. Il complesso metamorfico, secondo la ricostruzione di Carmignani et alii (1987) costituisce un lembo della cosiddetta Unità dell’Arburese, interpretata come una delle unità intermedie della zona a falde della catena ercinica. All’interno del complesso metamorfico, verso la sommità del colle e nell’area a sud-ovest si rinvengono anche vasti affioramenti di granito a biotite, pegmatiti e tormalina schorlite. Si tratta di intrusioni post-tettoniche del complesso plutonico ercinico che comprendono anche filoni ed ammassi di porfidi rossastri e grigiastri presenti nell’area di Montevecchio, Ingurtosu ed in tutto il massiccio del Linas. Le formazioni metamorfiche paleozoiche presenti nell’area fanno capo all'Unità alloctona del "Post-Gotlandiano AA.". Si tratta di una sequenza sedimentaria, generalmente priva di resti fossili, di genesi e caratteristiche eterogenee costituita prevalenetemente da metasiltiti e metarenarie. Alla sua sommità stratigrafica giace una serie di livelli a vulcanoclastiti sormontanti un complesso di depositi sedimentari con caratteristiche granulometriche varianti dalle siltiti alle arenarie ed ai conglomerati. Le metavulcaniti hanno età ordoviciana mentre le sotto¬stanti formazioni sedimentarie hanno età cambro-ordoviciana. Le formazioni suddette sono state successivamente meta¬morfosate e si presentano attualmente in veste di formazioni scistose di colore variabile dal verdastro al verde-nocciola, al grigio, in funzione del contenuto in ossidi di Fe e del loro stato di alterazione. In alcuni casi le rocce sono fortemente silicizzate per impregnazione di SiO2, e talvolta intimamente percorse da venuzze di quarzo, iniettatosi lungo i piani di discontinuità (fratturazione e scistosità). Tali formazioni sono generalmente molto resistenti e mostrano buona consistenza lapidea. La scistosità è localmente molto marcata e costituisce, soprattutto nella facies più alterate della massa rocciosa, la guida all’avanzamento della disgregazione della massa rocciosa.


Inquadramento geologico-strutturale


La situazione geologica generale del territorio esaminato, si presenta abbastanza schematica, come visibile nell’inquadramento geologico sottostante, in quanto le formazioni presenti, come già detto, sono da ascrivere principalmente al sistema delle formazioni cristalline del Paleozoico che ne costituiscono lo zoccolo ed in parte a quelle detritiche quaternarie. Per meglio definire i caratteri geologici dell’area imperniata sul settore di Arbus, interessati dalle opere in progetto, è necessario delineare un breve inquadramento geologico-strutturale della regione con particolare riguardo alla genesi e stratigrafia del basamento cristallino paleozoico costituente l’ossatura di gran parte dell’Isola ed in particolare del sistema della Sardegna centrale. La Sardegna è classicamente divisa in tre macro complessi geologici che affiorano per estensioni equivalenti: il basamento metamorfico ercinico, il complesso intrusivo tardo-ercinico, le successioni sedimentarie e vulcanico tardo-erciniche, mesozoiche e cenozoiche. Il basamento paleozoico sardo è un segmento della Catena Ercinica sud-europea che dalla maggior pare degli autori è considerata una catena collisionale con subduzione di crosta oceanica e metamorfismo di alta pressione a partire dal siluriano, collisione continentale con importante ispessimento crostale, metamorfismo barroviano (datato a 339-350 Ma; Del Moro et alii, 1991) e magmatismo durante il Devoniano superiore e il Carbonifero (Matte, 1986; Carmignani et alii, 1994). In Sardegna la geometria collisionale della Catena Ercinica è ancora ben riconoscibile. Secondo Carmignani et alii (1992; 1994) il margine armoricano sovrascorso è rappresentato dal Complesso Metamorfico di Alto Grado che affiora nella Sardegna Settentrionale (fig.1) mentre il margine del Gondwana subdotto è rappresentato da un Complesso Metamorfico di Basso e Medio grado strutturato in un edificio a falde e caratterizzato da una zoneografia barroviana prograda (Carmignani et alii, 1979; Franceschelli et alii, 1989), a sua volta suddiviso in Falde Interne e Falde Esterne, che affiora nella Sardegna centrale e sudorientale.


Mappa – L'area nella carta geologica del La Marmora 1857

I due complessi sono separati dalla Linea Posada-Asinara, lungo la quale affiorano frammenti di crosta oceanica con paragenesi relitte di ambientazione eclogitica (Cappelli et alii, 1992). A questa strutturazione collisionale nel tardo-ercinico segue un’evoluzione caratterizzata dal collasso gravitativo della catena e da rilascio termico (metamorfismo di alto T/P). Nelle aree del Mediterraneo occidentale i processi estensionali legati al collasso dell’orogene ercinico sono attivi da 320 fino ad almeno 280 Ma (e.g. Massiccio Centrale e Montagna Nera: Echtler & Malaveille, 1990; Pirenei: Gibson, 1991); in Sardegna e Corsica l’evoluzione tardo-ercinica della catena, caratterizzata da una dinamica essenzialmente estensionale e/o trans-tensile, è dominata da processi esumativi attivi, come minimo, a partire da 308 Ma (età minima di chiusura della muscovite in migmatiti del complesso metamorfico di alto grado: Macera et alii, 1989) e coincide con la messa in posto di gran parte delle plutonici che formano il Batolite Sardo-Corso. Essa si esprime anche con diffuse manifestazioni vulcaniche e sub-vulcaniche in campi filoniani (Attori & Traversa, 1986; Vaccaio, 1990) e con la genesi di bacini intracratonici stefaniano-autuniani.


Col Permiano più tardo e con il Triassico inferiore un nuovo ciclo magmatico ad affinità alcalina post-orogenica (Bonin, 1980), ancora associato a sedimentazione continentale, caratterizza il blocco sardo-corso. Questo magmatismo che in Sardegna si esplica con manifestazioni sub-vulcaniche ed effusive (Balzelli et alii, 1987; Cortesogno & Gaggero, 1999) non può essere riferito al collasso della Catena Ercinica ma piuttosto alla riorganizzazione delle placche legata alla fase di rifting che, manifestatasi con trasgressioni marine fin dal Triassico superiore, porterà all’apertura dell’Oceano Ligure-Piemontese (Cortesogno et alii, 1998). Dopo l’Orogenesi ercinica altri settori di crosta strutturata in questo evento sono incorporati nella catena pirenaica, nelle Alpi e nell’Appennino, mentre il settore di crosta che attualmente costituisce il Blocco Sardo-Corso non è coinvolto in importanti eventi orogenici; mancano quindi le successioni alloctone di dominio oceanico che costituiscono l’edificio a falde della Corsica Alpina. In Sardegna affiorano esclusivamente successioni mesozoiche comuni ai domini europei più esterni, caratterizzate da piattaforme carbonatiche di mare poco profondo; esse sono coinvolte insieme a successioni sedimentarie e vulcaniche cenozoiche pre-burdigaliane in un’importante tettonica a carattere trascorrente che si manifesta tra l’Oligocene e l’Aquitaniano. Tale tettonica, con le sue manifestazioni transpressive e transtensive, viene messa in relazione alla collisione, cui è legato l’Appennino settentrionale, tra il blocco Sardo-Corso e l’Adria (Carmignani et alii, 1994b; Oggiano et alii, 1995; Carmignani et alii, 1995).


Mappa – L’area nella carta geologico strutturale di Carmignani et alii 1994

Caratteristiche idrografiche ed idrogeologiche

Per definire i caratteri idrogeologici dell’area di progetto sono stati analizzati gli aspetti riguardanti l’idrografia superficiale, sono stati descritti i caratteri idraulici delle formazioni rocciose presenti e sono state descritte le principali unità idrogeologiche. L’idrografia superficiale dell’area afferisce il bacino del Sitzerri, verso est ed alcuni bacini costieri minori nel settore occidentale.


L’idrografia dell’area vasta ed il sistema dei bacini idrografici del Fluminumannu-Sitzerri e dei minori afferenti la costa

La gran parte delle acque superficiali si disperde nelle aree sub-pianeggianti. Nel corso del secolo scorso la zona compresa tra l’abitato di Arbus e il golfo di Oristano, è stato oggetto di ampie opere di bonifica idraulica tendenti a convogliare in impluvi naturali od appositamente creati, le acque superficiali, spesso convogliate dalla naturale morfologia incerta delle fasce di pedimonte e di pianura in depressioni o aree comunque quasi pianeggianti che impaludandosi davano luogo ad un ambiente malsano e non utilizzabile a fini agricoli. Una parte del Rio de sa Mena (miniera) giungendo nella piana ed incontrandosi con il Rio Cabras, proveniente dal settore orientale dell’abitato di Guspini, e del Rio ‘e Merd’e Cani, proveniente dal settore occidentale dello stesso, spandeva i suoi apporti tra il colle di Saurrecci ed il colle di Urralidi, giungendo nei momenti di piena, a spandere i “velenosi” soluti e sospesi delle acque provenienti dalla Miniera di Montevecchio, per le campagne. Attualmente una parte delle campagne in oggetto, a valle del colle di Saurrecci e ad est dello stesso sono oggetto di bonifica per l’abbassamento del contenuto di metalli pesanti e di sostanze acide ancora trattenute nel suolo e nei sedimenti dopo 100 anni di attività della Miniera. I settori di Montevecchio, Nureci e Pardu Atzei sono interni al bacino dei rii Sitzerri e del Fluminimannu di Pabillonis che confluiscono nello stagno di San Giovanni per pervenire a mare nell’area meridionale del Golfo di Oristano. Il settore di Piscinas insiste direttamente sulla costa occidentale, mentre il settore di Genna Armida è parte integrante del Bacino del Rio Naracauli.

Caratteri idraulici delle formazioni geologiche


La descrizione delle caratteristiche idrauliche dei materiali presenti nell’area in studio è stata basata sulle osservazioni dirette e su quanto riportato in letteratura. Le rocce, in funzione della loro natura, origine e storia geologica, possono presentare caratteri tali da consentire l’assorbimento, l’immagazzinamento, il deflusso e la restituzione di acque sotterranee in quantità apprezzabili, o possono non presentare tali caratteri. Le rocce che hanno la capacità di permettere il deflusso e la restituzione delle acque sotterranee vengono dette rocce serbatoio o acquiferi. Le rocce serbatoio unitamente alle altre, che non presentano tali caratteri, hanno diverse proprietà idrauliche derivanti dai caratteri fisico-chimici e meccanici. Alcune di queste proprietà, come la porosità, la capacità di assorbimento, la capacità di percolazione e la permeabilità, condizionando quantitativamente l’assorbimento, l’immagazzinamento ed il movimento delle acque che possono essere captate, sono molto importanti dal punto di vista idrogeologico. In idrogeologia si parla di rocce permeabili e rocce impermeabili, in relazione alla facilità con cui l’acqua sotterranea penetra, circola e si distribuisce nel sottosuolo. Sono definite permeabili le rocce nelle quali le acque si muovono con una velocità tale da permetterne la captazione, sono invece “impermeabili”, quelle nelle quali, in condizioni di pressione naturali, per mancanza di meati comunicanti e/o sufficientemente ampi, non è possibile rilevare movimenti percettibili delle acque. La permeabilità viene distinta in due tipi fondamentali: primaria e secondaria, a seconda che sia una caratteristica congenita o acquisita. La permeabilità primaria, o in piccolo, è tipica delle rocce porose, caratterizzate da vuoti intercomunicanti fra i granuli, ed è una proprietà intrinseca del litotipo, poiché la formazione dei meati è singenetica alla formazione della roccia. Solo in alcuni casi, come nei prodotti di alterazione dei graniti e delle arenarie la permeabilità per porosità è secondaria. La permeabilità secondaria, detta anche per fratturazione, o in grande, è invece tipica delle rocce, sia coerenti che compatte, fessurate. Questa è generalmente una proprietà acquisita, dovuta principalmente a sforzi tettonici o da decompressione, che hanno determinato l’apertura di fessure, spesso successivamente allargate da processi chimico-fisici. Si può parlare di proprietà intrinseca solo nel caso in cui la permeabilità è dovuta a fessure singenetiche, ossia che si sono formate contemporaneamente alla formazione della roccia come i giunti di raffreddamento, nelle rocce laviche, i giunti di stratificazione ed i piani di scistosità. Esiste anche un altro tipo di permeabilità, quello per carsismo. Le rocce oltre che per il tipo di permeabilità possono essere distinte anche per il grado di permeabilità, che può essere espresso in termini relativi, quindi in modo qualitativo, alta, media e bassa, o in termini assoluti, quindi in modo quantitativo con il coefficiente di permeabilità k in cm/s. Anche per quanto riguarda i caratteri idraulici delle formazioni geologiche delle aree di progetto, si può fare una netta divisione tra le rocce metamorfiche e le formazioni detritiche presenti ad Armida e Piscinas. La permeabilità di queste formazioni è pertanto influenzata esclusivamente dallo stato di fratturazione dell’ammasso roccioso. L’estensione della rete di fratture all’interno dell’ammasso roccioso, lo stato di apertura dei giunti ed il fatto che gli stessi siano comunicanti, oltre alla potenza ed alla morfologia degli affioramenti, sono gli altri fattori che concorrono ad aumentare la capacità di immagazzinamento di tali formazioni. Sono pertanto le litofacies, caratterizzate da un sistema di giunti di fratturazione ben sviluppato, dovuto sia a fenomeni di contrazione, nella fase di raffreddamento della roccia, sia a fenomeni tettonici, che possono risultare acquiferi d’interesse. Le andesiti basaltiche sono caratterizzate da strutture brecciate e fratturazioni non continue nella massa. Le formazioni metamorfiche che costituiscono il substrato del settore della deposito legnami sono invece caratterizzate da una permeabilità per fratturazione ridotta con una circolazione sotterranea di scarsa entità. I settori di Armida e Piscinas sono interessati dalla presenza di sedimenti a granulometria ridotta, composti cioè da sabbie (a Armida), e ghiaie e ciottoli di ambiente fluviale (a Armida), con porosità comprese tra il 20%, nei depositi grossolani scarsamente selezionati, ed il 40%, nei materiali uniformemente selezionati, costituiscono dei buoni acquiferi La maggior parte degli acquiferi in tali depositi presentano permeabilità variabile tra 1x10^-4 e 1x10^-3 cm/s, anche se non è infrequente trovare valori superiori a 5x10^-3 cm/s. Pozzi scavati in tali depositi possono mostrare rendimenti moderati, anche se si possono riscontrate rendimenti maggiori se lo strato permeabile è potente, come nel caso di canali sepolti. I sedimenti che si rinvengono nelle piane costiere, come a Piscinas, Armida, Naracauli, sono costituiti sia da depositi alluvionali misti, in tal caso a presenti depositi di origine mineraria, mostrano trasmissività idraulica specifica molto simile a quelli dei depositi alluvionali, con permeabilità che variano tra 1x10^-5 ad oltre 5x10^-3 cm/s. I depositi francamente sabbiosi e ghiaiosi possono avere un rendimento specifico tra il 15 ed il 35%. In tal caso la qualità delle acque presente all’interno di tali sedimenti è fuori dalle tabelle che ne definiscono una utilizzabilità alcuna.

Geologia dell'area di dettaglio


Il settore giace su un bedrock formato da rocce del complesso metamorfico alloctono, facente parte della Zona a falde esterne della catena ercinica in Sardegna. Le rocce presenti fanno parte dell’Unità tettonica dell’Arburese, e sono caratterizzati da un basso grado metamorfico e verso SW risulta sovrascorso sulle successioni anchi-epimetamorfiche «autoctone» dell’Iglesiente. Dettagliati studi lito-biostratigrafici hanno recentemente permesso di distinguere all’interno dell’Unità dell’Arburese delle unità tettoniche minori, separate da sovrascorrimenti evidenziati da fasce cataclastiche, come pure di datare con maggiore precisione le successioni sedimentarie e vulcano-sedimentarie appartenenti a questa unità, e di assegnarle ad un’età compresa tra il Cambriano medio ed il Devoniano inferiore. In precedenza esse venivano invece riferite al Devoniano superiore-Carbonifero inferiore e denominate col termine «Postgotlandiano». In particolare, sulla base della scoperta di Acritarchi del Tremadociano-Arenigiano nella successione silicoclastica basale dell’Unità dell’Arburese è stato possibile, oltre a dimostrare l’alloctonia di tale unità, stabilire una correlazione con successioni analoghe affioranti nella Zona a falde esterne della Sardegna centro-sud-orientale (Sarrabus, Gerrei, Sarcidano) e di postdatare all’Ordoviciano inferiore-medio, evidenziandone ulteriormente l’importanza e la continuità regionale, la lacuna ascrivibile alla Fase sarda-Fase sarrabese. La successione terrigena del Cambriano medio-Ordoviciano inferiore (SVI) La più antica formazione appartenente all’Unità dell’Arburese è una potente successione silicoclastica caratterizzata da frequenti alternanze di metarenarie quarzosomicacee, metasiltiti e metargilliti, in cui si riconoscono sequenze torbiditiche Ta-e di Bouma. In particolare, la parte inferiore della successione, di cui però non affiora il substrato, è prevalentemente costituita da spessi banchi di metaquarzoareniti in alternanza con livelli di metarenarie grossolane e di metasiltiti da grigio-verdastre a grigio-scure; mentre la porzione superiore è caratterizzata soprattutto da metasiltiti, metarenarie e metaconglomerati, con intercalazioni di metargilliti rosso-violacee. Oltre le citate sequenze Ta-e che spesso caratterizzano la successione, sono frequenti anche altre strutture sedimentarie, fra cui slumps, ripple-marks, flute-casts e load-casts e, inoltre, tracce di origine organica (piste, gallerie) per lo più in corrispondenza di livelli siltitico-argillosi grigiastri.

Lo spessore totale di tale successione, di difficile determinazione per via degli intensi effetti plicativi ercinici, è tuttavia valutabile in almeno 600 m. Questi depositi di tipo torbiditico vengono riferiti ad un ambiente deposizionale di delta-conoide sottomarina. L’età della porzione alta di tale successione viene riferita al Tremadociano-Arenigiano in base agli Acritarchi; inoltre, per la sua stretta analogia litostratigrafica con la formazione delle Arenarie di an Vito della Sardegna SE, datata al Cambriano medio Ordoviciano inferiore, sempre sulla base di Acritarchi, anche la formazione affiorante nel settore viene riferita a tale intervallo cronostratigrafico. In particolare, la formazione di San Vito (SVI) affiora sotto la spalla destra della diga sul rio Piscinas, ai Magazzini di Punta Zarai, sotto il Molo di Piscinas e probabilmente sotto la cabina elettrica posta all’angolo della proprietà, in adiacenza del vecchio tracciato della decauville per Naracauli.

Quaternario


Gli episodi sedimentari successivi al cambro-ordoviciano, presenti nell’area, sono rappresentati dai depositi detritici quaternari, alluvionali, di versante, di spiaggia ed eolici Il sistema dei depositi di versante ed eolici è presenti da Funtanazza, a Gutturu de Flumini, a Cala Campu Sali, su Scaffoni, a Maga, su Pistoccu, e lungo la falesia che dalla Punta Fenu Struvu (Piscinas), dopo Punta Zarai, corre verso sud sino a Scivu - Capo Pecora con una interruzione nel settore compreso tra Zarai e la ripresa della falesia di arenarie a sud del molo. Qui, la sequenza è costituita da:

  1. Arenarie eoliche poligeniche a cemento calcareo, di colore grigio-biancastro, per uno spessore di circa 3 m (Pre-Tirreniano)
  2. Conglomerati poligenici a cemento calcareo-organogeno («Panchina» Auct.), passante in alcune località (Punta Acqua Durci) ad una vera tanatocenosi ad echinidi, serpulidi, lamellibranchi (Glycimeris, Cardium, Arca, Venus, Callista), Gasteropodi (Patella, Cassis, Ceritium, Conus, Fissurella) e lithotamni; lo spessore di questo litotipo non supera mai i 50 cm (Tirreniano);
  3. Sabbie ed arenarie eoliche, rossastre e poco cementate, con intercalati orizzonti conglomeratici quarzosi; tale orizzonte spesso sfuma in un vero paleosuolo; lo spessore medio è di circa 2 m (Post-Tirreniano/Pre-Würmiano);
  4. Arenarie eoliche grigio-rossastre, a stratificazione incrociata, di frequente incise da alvei fluviali fossili, dello spessore di 4-5 m (Würmiano).
Gli ambienti di sedimentazione della sequenza descritta sono compresi fra il litorale di elevata energia, quello di spiaggia più o meno interessato da processi fluviali, sino all’ambiente tipicamente eolico; sono inoltre presenti nell’orizzonte (4), quello più francamente eolico, orizzonti di deflazione, pavimenti eolici selezionati, ripple eolici orientati secondo la direzione dei venti dominanti e orizzonti più o meno potenti di calcrete. Lo spessore dell’orizzonte (4) aumenta all’allontanarsi dalla linea di costa, sfumando in depositi sabbiosi sciolti di età sempre più recente, e costituenti l’esteso campo dunare di Piscinas. Questi depositi eolici di età olocenica sono costituiti da sabbie quarzoso-feldspatiche. Essi si spingono profondamente verso l’interno per 4-5 km, creando paesaggi collinari di altezza limitata (80-90 m) più o meno stabilizzati dal crescere della macchia mediterranea o dall’intervento antropico.

I sedimenti antropici vengono trattati in funzione della loro origine e nel paragrafo descrittivo dell’attività mineraria.


La formazione di San Vito alle spalle dei magazzini di Punta Zarai alla foce del Rio Piscinas

La formazione di San Vito sotto spalla destra della diga sul rio Piscinas

La formazione degli scisti di San Vito sotto la struttura del Molo di Piscinas

Arenarie eoliche Würmiane (PVM1) sugli scisti della San Vito (SVI) a Cala Campu Sali

Arenarie eoliche a su Pistoccu

Tra Punta Fenu Struvu e Piscinas e Tra Piscinas e Capo Pecora le arenarie eoliche Würmiane (PVM1) formano una falesia alta alcuni metri quasi ininterrotta

Depositi di versante post – Würmiani a su Scaffoni