Giacimentologia, miniere e produzione
Le mineralizzazioni

Carta Mineraria allegata alla Inchiesta parlamentare a firma Quintino Sella et alii sulla condizione mineraria in Sardegna, riportante concessioni e permessi di ricerca minerari in vigore all’ultimo decennio dell’800 con evidenza delle concessioni di Montevecchio, Ingurtosu, Gennamari e Crabulazzu
Il campo filoniano dell'Arburese si sviluppa sulle propaggini settentrionali e occidentali del batolite granitico ercinico Arburese (Sardegna sud occidentale) in evidente correlazione con la sua messa in posto.
Il batolite Arburese forma un ammasso circoscritto intruso nelle serie sedimentarie paleozoiche nelle quali ha sviluppato un importante metamorfismo di contatto. La maggior parte dei filoni di origine idrotermale (Salvadori I., Zuffardi P., 1973) risulta incassata, alla scala dell'affioramento, negli scisti del cosiddetto complesso scistoso-quarzitico SVI (Formazione di San Vito) postgothlandiano Auctorum (Unità dell'Arburese) e solo in profondità sono radicati nel batolite granitico o addirittura emergono in superficie tra i graniti. Le coltivazioni minerarie che hanno interessato l'intera struttura filoniana, hanno uno sviluppo longitudinale di circa 12 Km., lungo il bordo nord-occidentale del granito, e di 4-5 Km lungo quello sud-occidentale. Verso Nord Est queste mineralizzazioni sono interrotte e dislocate dalle faglie bordiere del Campidano mentre lungo il bordo sudorientale del batolite di Arbus il loro sviluppo è di scarso interesse. Alcuni dei filoni di questo campo filoniano, in particolare quelli ricchi in piombo, sono conosciuti e coltivati sin dal periodo punico e romano anche se non sembra che queste antiche coltivazioni abbiano raggiunto nel loro insieme lo stesso sviluppo delle miniere dell'Iglesiente. Recenti indagini archeometriche su scorie di fusione e piombi di età punico-romana (IV sec. a.C. – II sec. d.C.) rinvenuti in località Bocche di Sciria (a Sud di Montevecchio) confermano per tale periodo un'attività metallurgica volta all'estrazione dell'argento dalle galene (Ingo et alii, 1977). Anche nell'Arburese come per la maggior parte delle miniere sarde, l'inizio delle coltivazioni moderne ha il suo esordio verso la metà del secolo scorso (1848). Fino agli anni Sessanta due società minerarie, la Montevecchio S.p.A. e la S.M.M. Pertusola sono state titolari delle concessioni per la coltivazione dei giacimenti a piombo e zinco dell'intero campo filoniano. Dopo il 1964 le concessioni sono passate alla Monteponi - Montevecchio S.p.A. Negli anni Settanta era coltivata solo la parte del campo filoniano situata a nord del batolite granitico, mentre nel bordo occidentale del batolite la miniera di Gennamari era stata chiusa nel 1963 e quella di Pinadeddu aveva cessato l'attività intorno al 1925. I filoni di Montevecchio Ingurtosu Gennamari (sono queste le località principali) sono insediati lungo una serie di fratture che si susseguono entro una fascia ben delimitabile che dista in affioramento qualche centinaio di metri dal granito.
Il settore Ingurtosu
Il filone Brassey
Si tratta del filone più importante di tutto il campo filoniano dell'Arburese sia per la sua lunghezza (oltre 2
chilometri) sia per la qualità della mineralizzazione. Nella sua parte orientale il filone, che affiora un
po' a
Sud del Telle, è noto con il nome di filone Casargiu (dalla località che attraversa) ma in tutte le
vecchie
concessioni Pertusola, vale a dire sulla maggior parte della sua estensione è conosciuto con il nome di Brassey
(in onore del proprietario della compagnia mineraria che scoperse il filone e lo coltivò sino al 1920 data che
segnò il passaggio delle concessioni alla Pertusola). Il filone prosegue a occidente sino a Naracauli dove si
interrompe in prossimità del pozzo Lambert. Contrariamente ai filoni di Montevecchio, il Brassey non si
segue
facilmente in affioramento mostrando affioramenti discontinui e sempre più radi man mano che si procede da Est
verso Ovest. La sua direzione è soggetta a variazioni notevoli: nella parte più occidentale è N30E, pendenza 70°
NW, mentre dopo 400 metri si posizione su una direzione N65E mantenendo questa direzione per tutta la sua
lunghezza.
Il Brassey è un filone prevalentemente zincifero ed anche se alcune porzioni del filone contengono
quantità
recuperabili di piombo la mineralizzazione si mantiene nettamente blendosa. La porzione più occidentale del
filone (la 1° zona dei minatori) comprende tre vene: la vena principale (la più potente), di letto, la vena
mediana e la vena inclinata di tetto. La vena principale di letto e la vena di tetto hanno una pendenza di 70°
circa verso NW mentre la vena mediana è subverticale e incontra la vena principale alla quota - 80. Mentre le
vene di letto e di tetto sono mineralizzate a blenda la vena mediana è l'unica che contiene piombo recuperabile
se pur in bassi tenori (1% circa). Dopo circa 400 metri il filone come già detto cambia direzione e
diventa
sterile riducendosi ad una potente vena di quarzo.
Questa zona sterile si sviluppa per una lunghezza di circa 600 metri quindi la mineralizzazione blendosa
riappare bruscamente (2° zona di coltivazione) con caratteristiche simili a quelle della prima zona ma con la
differenza che si manifesta in una sola vena. Dopo questa 2° zona lunga circa 700 metri si passa ad una 3° zona
dove la mineralizzazione blendosa cambia progressivamente arricchendosi di galena e calcopirite (quest'ultima in
quantità insignificanti ma visibile a occhio nudo) infine dopo circa 200 metri la mineralizzazione
riprende il
suo carattere esclusivamente blendoso. Il tenore in zinco del Brassey è dell'ordine del 6% mentre il tenore in
piombo delle parti miste raramente supera 1 - 1,5 %.
Dal punto di vista morfologico anche questo filone è caratterizzato dall'assenza di salbande nette; si passa
progressivamente dal filone vero e proprio agli scisti dell'incassamento attraverso una zona di silicizzazione
(percorsa da piccoli filoncelli mineralizzati), che diminuisce progressivamente. La mineralizzazione del Brassey
si presenta con aspetto listato o a coccarde ma a grande scala la si potrebbe definire brecciata se si tiene
conto dei numerosi blocchi, talora di grande volume, di scisto più o meno silicizzato che si trovano inglobati
nella mineralizzazione; la ganga è costituita da quarzo e da siderite (calcite e dolomite sono meno abbondanti).
L'ossidazione superficiale è poco sviluppata e nonostante la notevole profondità raggiunta dai lavori
minerari
nella 1° zona (- 180) non sono stati osservati fenomeni di ossidazione profonda tipo quelli presenti nel filone
S.Antonio, anche se la presenza di geodi tappezzate di cristalli idiomorfi di gesso che si incontrano alla quota
- 45 nella prima zona potrebbero essere correlati a fenomeni di ossidazione.
Per quanto riguarda le terminazioni del Brassey mentre quella Est non richiede nessuna osservazione particolare,
quella Ovest, come già detto in prossimità del pozzo Lambert, avviene con un inquarzamento del
filone che
prosegue negli scisti mostrando una cattiva tenuta meccanica in galleria. Tutti i tentativi fatti per ritrovare
una qualche mineralizzazione a Ovest sono risultati vani in questo modo il Brassey rappresenta l'ultima
manifestazione occidentale della zona di fratturazione situata a nord del granito dell'Arburese.
Il filone Ingurtosu
Il filone Ingurtosu si sviluppa dall'area di Casargiu dove si biforca dal Brassey e procede verso Sud Ovest a
ridosso del Brassey sino alla miniera di Gennamari dove s'interrompe. Contrariamente ai filoni finora esaminati
che contengono mineralizzazioni più o meno regolari il Filone Ingurtosu comprende numerose zone sterili. Il
filone inizia in corrispondenza dell’intersezione con il filone Brassey con direzione N°40-50° e pendenza di
circa 60° NW e con questa giacitura giunge sino alla chiesa di Ingurtosu, dove viene incrociato dal trasversale
Pitzinurri dal quale è rigettato di qualche decina di metri. E’ costituito da una vena principale a potenza
variabile da 2 a 6 metri ed è coltivato in tre zone non continue che danno al filone tre denominazioni diverse:
Ingurtosu Nord - Ingurtosu Centrale (zona di Pinadeddu) - Ingurtosu Ovest (zona di Gennamari) per uno sviluppo
complessivo superiore a 3 chilometri. Le coltivazioni si sono svolte fino al livello -35 con una
mineralizzazione costituita da galena in ganga quarzosa e sideritica. Si ha notizia di importantissime
concentrazioni di galena massiva nella zona di Pozzo Casargiu (Ingurtosu Nord) dove i lavori sono scesi fino a
livello - 40.
E difficile seguire il percorso del filone Ingurtosu soprattutto per la presenza dei filoni radiali dell'area di
Pinadeddu. Il passaggio più probabile sembra in corrispondenza della dislocazione tra il Robert e il Cesare
(vedi oltre) essendo quest'ultimo rigettato verso Nord.
In corrispondenza della dislocazione tra il Cesare e il Crabulazzu passa il San Giovanni, un altro filone
periferico di direzione N 10°/ 20°E situato tra il granito e il filone Ingurtosu che raggiunge l'Ingurtosu a
Nord dell'area di Pinadeddu.
Il filone Cervo
Questo importante filone si distacca dal filone Ingurtosu Nord e assume una direzione N65 E con
pendenza di 70° verso NW, sviluppandosi in lunghezza per circa 1000 metri.
Dal punto di vista delle mineralizzazioni nel settore più occidentale, più precisamente nella zona del Pozzo
Turbina, il filone Cervo si presenta a netta prevalenza di blenda con caratteristiche generali simili a quelle
del filone Brassey.
In altre zone del filone è comunque presente la mineralizzazione a galena.
Le ganghe in entrambi i casi sono costituite prevalentemente da siderite-ankerite e subordinatamente da quarzo,
le potenze medie oscillano tra i 3 e 4 metri.
Il filone Tintillonis II
Il filone Tintillonis II parte dal filone Ingurtosu in prossimità del congiungimento di questo con il
filone Cervo e si spinge verso Sud Est penetrando per 2 chilometri nel granito.
Conosciuto anche con il nome di filone Moro questo filone presenta forti analogie con il Tintillonis I rispetto
al quale si trova in posizione parallela e alcune centinaia di metri più a Nord.
Anche questo filone è dislocato di qualche metro dal filone Ingurtosu.
Coltivato negli anni Venti il filone risultò essere piombifero nelle zone di incassamento granitico e più ricco
in blenda nelle zone a incassamento scistoso.
Il filone Tintillonis I
Il filone con direzione N80W pendenza verso Nord attraversa anch'esso il granito.
Coltivazioni minerarie anteriori al 1920 lo hanno interessato nell'area dove il filone incontra l'Ingurtosu dal
quale viene dislocato di qualche metro.
La mineralizzazione si mantiene prevalentemente piombifera.
Il filone Pitzinurri
Questo filone di direzione N60W, con pendenza di una sessantina di gradi verso NNE taglia il granito infatti
partendo dal filone Ingurtosu Ovest attraversa quasi interamente il massiccio di Arbus fino a Gonnosfanadiga. Il
filone è sterile per tutta la sua lunghezza essendo composto esclusivamente da quarzo con presenza di siderite
che appare in vicinanza del filone Ingurtosu
I filoni di Pinnadeddu
Il gruppo dei filoni di Pinadeddu si sviluppa a Sud di Ingurtosu. Si tratta di tre filoni radiali di direzione
da N 70 E a N 85 E con pendenza verso Nord di 60° - 70°. Procedendo da Est verso Ovest abbiamo i filoni Robert,
Cesare e Crabulazzu; la disposizione di questi filoni farebbe ipotizzare che possa trattarsi di un unico filone
dislocato da faglie con rigetti dell'ordine di diverse centinaia di metri . I lavori minerari sono attualmente
inaccessibili. I tre filoni radiali sono ben mineralizzati in maniera regolare a galena, la ganga è costituita
da abbondante quarzo, siderite e barite subordinata tuttavia il loro sviluppo in profondità è limitato a
un
centinaio di metri e la loro potenza è più ridotta di quella che in genere mostrano i filoni periferici e questo
spiega la breve vita della miniera di Pinadeddu. Oltre questi tre filoni è presente anche una vena N 20 E, il
filone San Giorgio, verticale, sterile, che interrompe i lavori minerari verso Ovest e termina
all'estremità Sud
sul filone Santa Luisa. Una seconda vena N 40 E, pendenza 70° W, incrocia il Robert senza produrre dislocazioni
in quest'ultimo.
L'area di Gennamari
Nell'area di Gennamari si è sviluppata una attività mineraria, terminata nel 1963, più produttiva e durevole
rispetto all'area di Pinadeddu. Il tout-venant veniva trasportato alla laveria di Naracauli con una teleferica
che smise di funzionare nel 1961. Gennamari costituisce una specie di nodo filoniano di estrema complessità
situato in un triangolo formato dal filone di Ingurtosu a Ovest, il filone Santa Luisa a Est e la Vena Regolare
a Sud.
Tra Pinadeddu e Gennamari i filoni Ingurtosu e Santa Luisa si riuniscono e occupano la stessa frattura per circa
400 metri quindi si divaricano.
1.1.1 Il filone Santa Luisa
Il filone Santa Luisa, direzione N10°/20°W pendenza 80°W è un filone quarzoso molto potente a salbande nette, la
sua potenza può superare i 40 metri e la sua lunghezza in affioramento è di circa 3,5 chilometri. Il Santa
Luisa, che non è molto esplorato, in affioramento è sterile e contiene esclusivamente quarzo e poca barite;
l'unica porzione interessante di questo filone si trova a Nord in prossimità del suo punto di incontro con la
Vena Regolare.
La Vena Regolare
La Vena Regolare con direzione Est-Ovest nella sua porzione centrale e N65W verso la giunzione con l'Ingurtosu,
con pendenza di circa 70°N, potenza media 2-3 metri, contrariamente a quanto farebbe supporre il nome è
estremamente irregolare sia come geometria sia come mineralizzazione. La Vena Regolare è intercettata da
numerose faglie di direzione NNE - SSW, che hanno prodotto dislocazioni orizzontali di alcuni metri, ed è
mineralizzata soprattutto alle sue estremità a blenda in ganga sideritica.
La Prima Vena e il filone San Giacomo
A Nord della Vena Regolare si trova la Prima Vena anch'essa irregolare e molto fagliata. La Prima Vena ha un
andamento più o meno parallelo alla vena regolare, pendenza verso Sud di 80° mineralizzata irregolarmente a
blenda con ganga più siliciosa rispetto alla Vena Regolare e potenza media di 2-3 metri. Ancora più a Nord si
trova il filone San Giacomo con caratteristiche analoghe a quelle della Prima Vena.
Altri filoni (Thomas, S.Antonio di Ingurtosu)
Nell'area di Gennamari si trovano altri filoni quarzosi sterili come il San Paolo, con direzione N-S e il filone
San Giovanni. Infine all'esterno del triangolo che limita il campo di fratture di Gennamari propriamente detto,
si trovano due filoni radiali a Est del Santa Luisa, il Thomas e il S.Antonio di Ingurtosu. La loro direzione è
N80°W, pendenza 60°N e potenza intorno ai 3-4 metri, sono mineralizzati a galena in ganga quarzosa. Il Thomas
diventa blendoso in profondità mentre il minerale del S. Antonio è alquanto ricco in pirite almeno nella parte
occidentale (l'unica visitabile). Il filone S.Antonio di Ingurtosu, è stato coltivato per galena sino alla
seconda metà del secolo scorso con lavori che si sono spinti per circa 1 chilometro in pieno incassamento
granitico.